Associazione Cattolica Operatori Sanitari

Autore: admin

Gli Auguri del Presidente Nazionale per la S. Pasqua 2024

CONVEGNO NAZIONALE 2024

Francia. Dichiarazione della Pontificia Accademia per la Vita

https://www.academyforlife.va

In merito all’inserimento nella Costituzione, in Francia, della garanzia della libertà per le donne di ricorrere all’aborto, la Pontificia Accademia per la Vita sostiene la posizione della Conferenza Episcopale francese (CEF).

Il 29 febbraio la CEF ha ribadito che “l’aborto, che rimane un attentato alla vita fin dall’inizio, non può essere visto esclusivamente nella prospettiva dei diritti delle donne. Si rammarica che il dibattito avviato non abbia menzionato le misure di sostegno per coloro che vorrebbero tenere il proprio figlio”.

La Pontificia Accademia per la Vita ribadisce che proprio nell’epoca dei diritti umani universali, non può esserci un “diritto” a sopprimere una vita umana.

La Pontificia Accademia per la Vita si rivolge a tutti i governi e a tutte le tradizioni religiose, a dare il meglio affinché in questa fase della Storia, la tutela della vita diventi una priorità assoluta, con passi concreti a favore della pace e della giustizia sociale, con misure effettive per un universale accesso alle risorse, all’educazione, alla salute. Le particolari situazioni di vita e i contesti difficili e drammatici del nostro tempo, vanno affrontate con gli strumenti di una civiltà giuridica che guarda prima di tutto alla tutela dei più deboli e vulnerabili.

La tutela della vita umana è il primo obiettivo dell’umanità e può svilupparsi soltanto in un mondo privo di conflitti e lacerazioni, con una scienza, una tecnologia, un’industria a servizio della persona umana e della fraternità.

Per la Chiesa cattolica, “la difesa della vita non è un’ideologia, è una realtà, una realtà umana che coinvolge tutti i cristiani, proprio perché cristiani e perché umani”. (…)

Si tratta di agire sul piano culturale ed educativo per trasmettere alle generazioni future l’attitudine alla solidarietà, alla cura, all’accoglienza, ben sapendo che la cultura della vita non è patrimonio esclusivo dei cristiani, ma appartiene a tutti coloro che, adoperandosi per la costruzione di relazioni fraterne, riconoscono il valore proprio di ogni persona, anche quando è fragile e sofferente“.

(Papa Francesco, Udienza Generale 25 marzo 2020).

Città del Vaticano, 4 marzo 2024

Corso – Le grandi Solitudini

per info visita il link

https://www.chiesacattolica.it/

per iscrizioni visita il link

https://iniziative.chiesacattolica.it/EventiCEI/page.jsp?action=landing&eventid=CEI-APPUNTAMENTO-22026

Preghiera di ringraziamento a Dio per i curanti

Preghiera di ringraziamento a Dio per i curanti

Venerdì 9 Febbraio 2024 – diretta YouTube dalle ore 16.00

@CeiSalute

In occasione della XXXII Giornata Mondiale del Malato dell’11/2/2024, viene trasmesso in diretta un momento di preghiera di ringraziamento a Dio per i curanti, dalle Cappelle di:

• P.O. “G.F. Ingrassia” Monreale (PA)
• Centro di cure palliative pediatriche Bambino Gesù – sede di Passoscuro (RM)
• Grande Ospedale Metropolitano “Bianchi-Melacrino-Morelli” – Reggio Calabria
• Clinica “Villa San Giusto”- Gorizia

 

https://salute.chiesacattolica.it/invece-un-samaritano-preghiera-di-ringraziamento-a-dio-per-i-curanti-3/

Messaggio del Santo Padre per la XXXII Giornata Mondiale del Malato

 

Messaggio del Santo Padre Francesco per la XXXII Giornata Mondiale del Malato – 11 febbraio 2024

«Non è bene che l’uomo sia solo». Curare il malato curando le relazioni
15 Gennaio 2024

«Non è bene che l’uomo sia solo» (Gen 2,18). Fin dal principio, Dio, che è amore, ha creato l’essere umano per la comunione, inscrivendo nel suo essere la dimensione delle relazioni. Così, la nostra vita, plasmata a immagine della Trinità, è chiamata a realizzare pienamente sé stessa nel dinamismo delle relazioni, dell’amicizia e dell’amore vicendevole. Siamo creati per stare insieme, non da soli. E proprio perché questo progetto di comunione è inscritto così a fondo nel cuore umano, l’esperienza dell’abbandono e della solitudine ci spaventa e ci risulta dolorosa e perfino disumana. Lo diventa ancora di più nel tempo della fragilità, dell’incertezza e dell’insicurezza, spesso causate dal sopraggiungere di una qualsiasi malattia seria.

Penso ad esempio a quanti sono stati terribilmente soli, durante la pandemia da Covid-19: pazienti che non potevano ricevere visite, ma anche infermieri, medici e personale di supporto, tutti sovraccarichi di lavoro e chiusi nei reparti di isolamento. E naturalmente non dimentichiamo quanti hanno dovuto affrontare l’ora della morte da soli, assistiti dal personale sanitario ma lontani dalle proprie famiglie.

Allo stesso tempo, partecipo con dolore alla condizione di sofferenza e di solitudine di quanti, a causa della guerra e delle sue tragiche conseguenze, si trovano senza sostegno e senza assistenza: la guerra è la più terribile delle malattie sociali e le persone più fragili ne pagano il prezzo più alto.

Occorre tuttavia sottolineare che, anche nei Paesi che godono della pace e di maggiori risorse, il tempo dell’anzianità e della malattia è spesso vissuto nella solitudine e, talvolta, addirittura nell’abbandono. Questa triste realtà è soprattutto conseguenza della cultura dell’individualismo, che esalta il rendimento a tutti i costi e coltiva il mito dell’efficienza, diventando indifferente e perfino spietata quando le persone non hanno più le forze necessarie per stare al passo. Diventa allora cultura dello scarto, in cui «le persone non sono più sentite come un valore primario da rispettare e tutelare, specie se povere o disabili, se “non servono ancora” – come i nascituri –, o “non servono più” – come gli anziani» (Enc. Fratelli tutti, 18). Questa logica pervade purtroppo anche certe scelte politiche, che non riescono a mettere al centro la dignità della persona umana e dei suoi bisogni, e non sempre favoriscono strategie e risorse necessarie per garantire ad ogni essere umano il diritto fondamentale alla salute e l’accesso alle cure. Allo stesso tempo, l’abbandono dei fragili e la loro solitudine sono favoriti anche dalla riduzione delle cure alle sole prestazioni sanitarie, senza che esse siano saggiamente accompagnate da una “alleanza terapeutica” tra medico, paziente e familiare.

Ci fa bene riascoltare quella parola biblica: non è bene che l’uomo sia solo! Dio la pronuncia agli inizi della creazione e così ci svela il senso profondo del suo progetto per l’umanità ma, al tempo stesso, la ferita mortale del peccato, che si introduce generando sospetti, fratture, divisioni e, perciò, isolamento. Esso colpisce la persona in tutte le sue relazioni: con Dio, con sé stessa, con l’altro, col creato. Tale isolamento ci fa perdere il significato dell’esistenza, ci toglie la gioia dell’amore e ci fa sperimentare un oppressivo senso di solitudine in tutti i passaggi cruciali della vita.

Fratelli e sorelle, la prima cura di cui abbiamo bisogno nella malattia è la vicinanza piena di compassione e di tenerezza. Per questo, prendersi cura del malato significa anzitutto prendersi cura delle sue relazioni, di tutte le sue relazioni: con Dio, con gli altri – familiari, amici, operatori sanitari –, col creato, con sé stesso. È possibile? Si, è possibile e noi tutti siamo chiamati a impegnarci perché ciò accada. Guardiamo all’icona del Buon Samaritano (cfr Lc 10,25-37), alla sua capacità di rallentare il passo e di farsi prossimo, alla tenerezza con cui lenisce le ferite del fratello che soffre.

Ricordiamo questa verità centrale della nostra vita: siamo venuti al mondo perché qualcuno ci ha accolti, siamo fatti per l’amore, siamo chiamati alla comunione e alla fraternità. Questa dimensione del nostro essere ci sostiene soprattutto nel tempo della malattia e della fragilità, ed è la prima terapia che tutti insieme dobbiamo adottare per guarire le malattie della società in cui viviamo.

A voi, che state vivendo la malattia, passeggera o cronica, vorrei dire: non abbiate vergogna del vostro desiderio di vicinanza e di tenerezza! Non nascondetelo e non pensate mai di essere un peso per gli altri. La condizione dei malati invita tutti a frenare i ritmi esasperati in cui siamo immersi e a ritrovare noi stessi.

In questo cambiamento d’epoca che viviamo, specialmente noi cristiani siamo chiamati ad adottare lo sguardo compassionevole di Gesù. Prendiamoci cura di chi soffre ed è solo, magari emarginato e scartato. Con l’amore vicendevole, che Cristo Signore ci dona nella preghiera, specialmente nell’Eucaristia, curiamo le ferite della solitudine e dell’isolamento. E così cooperiamo a contrastare la cultura dell’individualismo, dell’indifferenza, dello scarto e a far crescere la cultura della tenerezza e della compassione.

Gli ammalati, i fragili, i poveri sono nel cuore della Chiesa e devono essere anche al centro delle nostre attenzioni umane e premure pastorali. Non dimentichiamolo! E affidiamoci a Maria Santissima, Salute degli infermi, perché interceda per noi e ci aiuti ad essere artigiani di vicinanza e di relazioni fraterne.

Roma, San Giovanni in Laterano, 10 gennaio 2024

FRANCESCO

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